Sono sempre più numerose le sentenze delle commissioni tributarie che sostengono che anche i tributi erariali sono soggetti al termine di prescrizione breve di cinque anni anziché quello ordinario decennale, mettendo in discussione quello che fino a poco tempo fa era l’orientamento prevalente in giurisprudenza.
In particolare degne di nota sono le decisioni dei giudici delle CTP di Avellino, Savona e Catanzaro, nonché la CTR Lazio, secondo le quali ai tributi erariali, così come per i tributi locali, non si applica il termine di prescrizione ordinario previsto dall’art. 2946 c.c., ma quello di cinque anni previsto dall’art. 2948 c.c. n. 4 in virtù del quale si prescrivono in cinque anni “gli interessi e in generale tutto ciò che deve pagarsi ad anno o in termini più brevi”.
Infatti, “nelle due principali imposte erariali (imposte dirette ed IVA) il debito di imposta sorge, annualmente, a seguito della dichiarazione che ogni soggetto passivo deve effettuare, appunto, "annualmente. Per le imposte dirette ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 600/1973, lo stesso articolo 7 del d.P.R. n. 917/1986, recita che I'imposta è dovuta per anni solari e, quindi, ogni anno. Ne discende che, sia pure in presenza dei relativi presupposti, I'imposta diretta deve essere pagata "periodicamente" a seguito di una generale previsione legislativa che stabilisce regole valide ed efficaci per ogni anno futuro” (CTP Avellino n. 267/2017). Inoltre, non vale a trasformare il termine di prescrizione da breve in decennale la notifica della cartella di pagamento, poiché tale trasformazione “si perfeziona soltanto con l’intervento del “titolo giudiziale divenuto definitivo”, sentenza o decreto ingiuntivo, mentre la cartella esattoriale, l’avviso di addebito dell’Inps e l’avviso di accertamento dell’Amministrazione finanziaria costituiscono semplici atti amministrativi di autoformazione e pertanto privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato” (CTR Lazio n. 1050/2017).