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09.05.2025
Introduzione
Con l’aumento della popolarità delle criptovalute come Bitcoin, Ethereum e molte altre, è diventato fondamentale comprendere il trattamento fiscale riservato a questi strumenti digitali. In Italia, fino a pochi anni fa, le criptovalute erano regolamentate in modo ambiguo. Solo a partire dal 2022, con la Legge di Bilancio 2023, è stato introdotto un quadro normativo più specifico ma non per questo sempre chiaro. Questo articolo fornisce una breve panoramica, senza pretesa di esaustività, sulla tassazione delle plusvalenze da cripto-attività per persone fisiche residenti in Italia. Rimandiamo ad altri articoli, invece, la tassazione per le persone giuridiche, e in generale la tassazione di altri proventi, diverse dalle plusvalenze, che possono generare le cripto-attività (ad es. il c.d. staking).
Definizione di Cripto-attività
Ai sensi dell’art. 67 del TUIR, come modificato dalla Legge di Bilancio 2023, le criptovalute rientrano nella nuova categoria delle cripto-attività, definite come “rappresentazioni digitali di valore o di diritti” non emesse da banche centrali o istituzioni pubbliche, trasferibili e conservabili elettronicamente. Questa scelta terminologica, a parere di chi scrive, non è casuale: chiamandole “cripto-attività”, e non “valute”, il legislatore ha voluto ribadire la natura finanziaria di questi strumenti, escludendone qualsiasi assimilazione al concetto di moneta avente corso legale. Ciò ha permesso allo Stato di collocare tali strumenti sotto il regime fiscale delle attività finanziarie, giustificando l’applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze, in linea con gli altri redditi da capitale. Questa impostazione rappresenta palesemente anche una modalità per aumentare il gettito fiscale, attingendo da un comparto in forte crescita e fino a pochi anni fa solo parzialmente regolato.
Quando scatta la tassazione
La tassazione delle plusvalenze su criptovalute avviene solo quando si realizza una plusvalenza, ovvero quando si effettua una vendita (o altro evento di realizzo), ad un prezzo superiore a quello di acquisto, generando un guadagno.
Esempi di eventi fiscalmente rilevanti:
Resta ancora controverso se il cambio tra una cripto-attività ed un'altra, ad esempio il cambio tra BTC ed ETH, rappresenti o meno il momento di realizzo per cui si rende necessario determinare la plus/minusvalenza.
Calcolo della plusvalenza e aliquota
Dal 1° gennaio 2023, le plusvalenze derivanti da cripto-attività sono tassate con un’aliquota fissa del 26%, in modo simile agli altri redditi da capitale o redditi diversi di natura finanziaria. Al riguardo, però, è necessario fare una precisazione. Infatti, le plusvalenze da cripto-attività costituiscono forma di reddito non assimilabile alle altre plusvalenze finanziarie. In altre parole, le eventuali plusvalenze generate nell'anno fiscale non possono essere compensate con eventuali minusvalenze originate da altri strumenti finanziari (ad esempio azioni).
Si ricorda, inoltre, che per le plusvalenze realizzate a partire dal 01/01/2026 l'imposta sostitutiva salirà al 33%.
Il calcolo delle plusvalenze derivanti da cripto-attività, in apparenza semplice, può diventare estremamente complesso quando si effettuano numerose operazioni di acquisto e vendita (es. trading giornaliero o settimanale). In questi casi, il problema principale è ricostruire correttamente il valore di carico unitario (ossia il costo medio ponderato) e abbinare le vendite ai rispettivi acquisti secondo i criteri fiscali italiani.
Le criticità principali possono riguardare i seguenti aspetti:
Un’ulteriore complessità riguarda proprio l’utilizzo delle piattaforme DEX (es. Uniswap, PancakeSwap, ecc.), tipici della finanza decentralizzata. Infatti in questi ambienti non esiste un estratto conto centralizzato, pertanto l’utente è responsabile della ricostruzione completa delle transazioni.
Tutto ciò espone l’utente al rischio di sottostimare i guadagni o di non segnalare correttamente operazioni rilevanti ai fini delle imposte, con conseguenze sanzionatorie anche gravi.
In particolare una ricostruzione imprecisa o approssimativa può portare a:
Per limitare i rischi, è fortemente consigliato utilizzare software di tracciamento fiscale per crypto che permettono di importare CSV dagli exchange e ricostruire automaticamente il calcolo delle plusvalenze secondo le regole italiane o comunque tenere una tracciabilità dettagliata di ogni operazione (acquisti, vendite, trasferimenti).
Soglia di esenzione
La legge prevede, fino al 31/12/2024, una soglia di esenzione fino a 2.000 euro annui. Pertanto, se la somma delle plusvalenze realizzate non supera questa soglia, fermo restando l'obbligo di dichiarazione, non si paga alcuna imposta. Oltre tale soglia, si ripete, l’intero importo è tassato al 26%.
Altro aspetto importante riguarda invece le minusvalenze. Infatti, la regola generale prevede che le eventuali minusvalenze possano essere portate in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto. Tuttavia, se in un anno la minusvalenza è pari o inferiore a 2.000 euro non è possibile procedere con il riporto agli anni successivi.
Tale soglia di esenzione, per effetto della Legge 207/2024 (legge di bilancio 2025), è stata abolita per i proventi realizzati a partire dal 01/01/2025.
Obblighi dichiarativi
Chi possiede criptovalute deve rispettare due obblighi principali:
La mancata dichiarazione del quadro RW può comportare sanzioni tra il 3% e il 15% del valore non dichiarato, o fino al 30% se le criptovalute sono detenute in Paesi black list.
Rivalutazione del valore
La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto la possibilità di rivalutare il valore delle criptovalute possedute al 1° gennaio 2023, pagando un'imposta sostitutiva del 14%. La legge di bilancio 2025, invece, ha innalzato l'aliquota di tale imposta sostitutiva al 18%. Pertanto, per ciascuna cripto-attività posseduta alla data del 1° gennaio 2025 può essere assunto, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore a tale data. Questa opzione è utile per chi vuole vendere in futuro, riducendo l’eventuale plusvalenza.
Conclusione
La normativa italiana sulla tassazione delle criptovalute ha compiuto negli ultimi anni un salto di qualità – o, per alcuni, un salto d’imposizione. Con la Legge di Bilancio 2023, il legislatore ha scelto di inquadrare le criptovalute come “cripto-attività”, allineandole alle attività finanziarie tradizionali, e applicando loro un’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze. Questa operazione non è solo semantica: segnala una volontà politica chiara di sottrarre al mondo cripto ogni ambiguità monetaria, per assoggettarlo a un trattamento fiscale più severo e redditizio per l’Erario.
In questo contesto, più che regolamentare in modo equilibrato, il governo italiano sembra aver colto l’occasione per fare cassa, introducendo un'imposizione equiparabile a quella sui redditi di capitale, senza riconoscere però le stesse tutele né la stessa stabilità. Gli investitori, sia privati sia aziendali, sono ora sottoposti a obblighi dichiarativi stringenti, incertezza interpretativa e un carico fiscale significativo, anche in assenza di una piena maturità del quadro normativo ed europeo.
Il rischio è che l’Italia perda terreno in termini di innovazione, rendendosi meno attrattiva per operatori crypto e startup Web3, a vantaggio di giurisdizioni più aperte e bilanciate. Una fiscalità moderna dovrebbe tenere conto non solo del gettito a breve termine, ma anche del potenziale di sviluppo di un intero ecosistema tecnologico.
In sintesi, la tassazione sulle criptovalute in Italia è oggi un terreno accidentato: chi opera nel settore deve muoversi con cautela, documentarsi, e possibilmente affidarsi a professionisti esperti. Ma è lecito auspicare che il legislatore, in futuro, scelga una strada meno estrattiva e più lungimirante.
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